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In un antico documento vien riportata la notizia riferita da un prevosto di Mazzorno, che nell’anno del Signore 1787, al di là del Po sulla riva sinistra, alcuni contadini si erano imbattuti nel corso dell’aratura in un sarcofago di pietra ricoperto di iscrizioni.

Le suddette scritte furono diagnosticate strane, dopo un attento esame degli esperti venuti da Rovigo, poiché non si riuscì ad attribuirle a nessun linguaggio conosciuto e inoltre non ci fu nessuno in grado di scoperchiare il manufatto, che risultò quindi inaccessibile a ogni esame ed anche ai tentativi per aprirlo. Si arrivò così alla conclusione che si trattava d’un monolito, non contenente alcuna cavità.

A quel punto, sulle gazzette e nelle pubbliche riunioni, si scatenarono le ipotesi sulla ragione d’essere e del trovarsi lì di quel reperto e fu solo col passar del tempo, quando si esaurirorono le tesi più fantasiose, che si fece strada l’opinione che si trattasse di un segnale, di una indicazione topografica, piantata lì a fissare un luogo di un’importanza speciale. Quando esso fosse stato collocato e il motivo per il quale, restò un mistero. Forse altri sassi erano stati sprofondati chissà dove, oppur giacevano non visti, in luoghi sconosciuti. Il problema, come ho detto, restò irrisolto, ma come tutte le vicende umane, non venendo alimentato, smise di destare la curiosità del popolo, scivolando nel dimenticatoio.

A me toccò la sorte di rinverdire il caso, spulciando una raccolta di Atti, dell’Accademia dei Concordi, perché trovai un foglio, alquanto spiegazzato, che riportava un fatto che mi riempì di stupore. Risultava da un’estesa e dettagliata deposizione, rilasciata da alcune contadine di Masorno, accusate di stregoneria, che in un campo confinante con la casa dei Badoer, si svolgessero sacrileghe riunioni intorno a una pietra di grandi dimensioni che veniva usata come altare.

Ma non fu questo a stupirmi maggiormente, poiché nel seguito di quelle confessioni, le donne dichiararono di essersi anche involate, strette a quell’altare, circonfuso dalle fiamme, fino a raggiungere dei mondi sconosciuti, abitati da creature che non avevano mai viste. Mi vergogno a dirlo, ma pensai subito agli alieni e così, senza farne cenno con nessuno, cercai d’ individuare il posto, per andarlo a esplorare. Mi rendevo conto ch’era passato troppo tempo perché fluttuassero in giro notizie, però mancandomi una diversa soluzione, mi proposi d’incontrare più gente mi fosse possibile.

Fidavo nel caso, nella fortuna e nella memoria inconsapevole di qualche soggetto. Non ci fu nessuno invece, fra gli intervistati, che mi dicesse di credere alle streghe, però più d’uno sapeva che in quei paraggi c’erano donne, dette “segnaresse”, che si adunavano nei pressi del fiume, in un posto chiamato la “fossa delle gatte”.

Fra gatti e streghe c’è sempre stato un rapporto stretto: le streghe delle fiabe non sarebbero state convincenti se non avessero posseduto un gatto, compagno e complice dei loro sortilegi. Quando nel medio evo iniziò la caccia alle streghe, i gatti furon arsi insieme alle padrone. S’immaginava allora che le segnaresse, di notte si tramutassero in gatte per andare a succhiare il latte alle nutrici, sottraendolo ai bambini appena nati. Se durante il loro travestimento venivano scoperte e bastonate, accadeva che i parenti, oppure i vicini, il giorno dopo riconoscessero i lividi e i segni delle ammaccatture e appurassero così quali fossero streghe.

Il caso vuole, che la “fossa”, io l’abbia individuata sotto a un ponte della statale, a pochi passi dalla Casina Badoer, dove oggi Nunzia fa la locandiera, incarnando l’esempio di quelle donne che, all’occorrenza, sanno tirar fuori il loro lato maschile, mostrandosi forti, pratiche e ingegnose e più di altre, lei, rappresenta l’edizione moderna e attuale della strega, senza filtri né incantesimi, ma con l’ubriacatura della Ricerca.

Dove lei vive, professando l’antica arte dell’ accoglienza, soffia un vento che diffonde in giro l’odore del mare.

Lì, la terra finisce e gli uccelli devono tornare indietro ed invertire il volo. Quello è un luogo speciale, fra cavoli e fiori, inseguito da una strada bianca che accompagna il fiume, dove il silenzio non pesa, ma anzi ti arricchisce di quegli odori che saranno poi quelli che ritroverai in tavola.

Nunzia non ama la carne animale. Lei vi colmerà di attenzioni in un modo speciale, ma mangerete come mangiano le capre: tante erbe e tutti i tipi di verdure, che saranno arricchite da ricotte appena scolate, da formaggi freschi e da frittate e da gustose zuppe di cereali. Non incontrerete gente prepotente o rumorosa e invece di parlare, ascolterete il fuoco del camino che vi racconterà storie commuoventi che vi faranno pensare.

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